CIABATTINO
Il calzolaio (u scarparu) si occupava della riparazione e della realizzazione di scarpe su misura, secondo la moda del tempo.
Vivendo in una società contadina, le riparazioni, per lo più, venivano eseguite sugli scarponi che servivano ai contadini per il loro lavoro; e nella realizzazione di quelli nuovi, dove le suole venivano ultimate con chiodi a testa larga “i tacci” per durare di più.
Quando le famiglie erano numerose, i calzolai, venivano chiamati, a prestare la loro opera, nelle masserie; dove a volte restavano per diverse settimane ricevendo vitto, alloggio e alle volte qualche compenso in denaro.
Il calzolaio indossava il grembiule (u fadali), realizzato in pelle o stoffa, per non sporcarsi il vestiario; utilizzava il trincetto per tagliare le pelli, le fodere e le suole; per eseguire le cuciture si utilizzavano diversi tipi di lesini; per la rifinitura della suola diversi tipi di raspe; per modellare le tomaia, la parte di superiore della scarpa costituita di pelle che era realizzata da un’altra artigiana “a macchinista” cucitrice di tomaia, sulle forme realizzate in legno, diversi tipi di tenaglie.
Tutti questi arnesi ed altri venivano deposti sul deschetto (vanchitta), il tavolo di lavoro dello stesso.
Per realizzare le scarpe nuove si iniziava col prendere la misura al piede e si utilizzava una striscetta di carta che si tagliava nella misura di mezzo piede. Con la stessa striscetta venivano prese altre due misure al collo del piede, una sopra e una sotto, che venivano evidenziate facendo una rispettiva tacca, così veniva scelta la forma adatta, su di essa era modellata la tomaia, che veniva fissata con chiodi piegabili “a spillo” che venivano eliminati nel procedimento della cucitura con la soletta (chiantedda) sottile suola di cuoio tra la forma e la suola, per la rifinitura si utilizzavano vari tipi di lisse e raspe, finendo con la lustratura.
Tutto questo è la sintesi di descrizione di un’attività artigianale che richiede tanto sacrificio, tanto amore ma tanta soddisfazione nel realizzare.
(fonte Rosario Minnì)