LE DOMINAZIONI DI AGYRION
Come si può ben vedere dai grafici allegati, Agyrion (Agira) è stata dominata nei secoli da due distinte popolazioni: greci e romani. Differenze etniche, religiose, economiche, culturali hanno segnato questa città da sempre, contraddizioni che si notano anche oggi a distanza di 3000 anni. Agira ha avuto altre dominazioni tra le quali è opportuno ricordare i sicani, gli arabi, gli aragonesi, i normanni. Una nota a parte merita la presenza di ebrei ad Agira. Oggi i documenti d'archivio, scoperti e trascritti, ci forniscono un quadro abbastanza completo dell'ultimo secolo di permanenza in Sicilia degli ebrei, tanto da potere affermare che le comunità che fiorirono nell'Isola in quel periodo storico costituivano una componente non secondaria della società del tempo, quale elemento portante dell'artigianato e del commercio, anche se furono ben lontane dall'influenza che le consorelle Alijamas sefardite esercitarono nella società spagnola del loro tempo. Una enorme mole di documenti d'archivio nonché quelli rinvenuti nella Geniza del Cairo comprovano che gli ebrei siciliani svilupparono i loro commerci precipuamente e primariamente con le coste africane e mantennero stretti rapporti religiosi con le comunità di Ifriqiya ( Tunisia) dell'Egitto e della Palestina. Tuttavia le antiche comunità giudaiche siciliane vennero spesso definite come una etnia bastarda di berberi-arabi ebrei e siciliani di ogni provenienza che presero il nome di "giudaismo siciliano". Anche la loro ortodossia religiosa fu messa in dubbio ed in effetti le influenze dei dominatori islamici crearono un certo imbastardimento della fede giudaico-talmudica con una propensione verso forme magico cabalistiche che si avvicinavano alle consimili forme di esoteria islamica. Di ciò, in vero, non vi sono tracce documentali ma qualcosa si riesce ad intuire dal fatto, ad esempio, che moskea e sinagoga, agli occhi dei siciliani cristiani, non furono mai nettamente distinte se la Sinagoga in Sicilia venne chiamata Meskita, Chinisia o Moskitta, raramente Sinagoga, Bet Knesset, o Scuola. Tuttavia non è possibile paragonare le Giudecche di Sicilia alle Alijamas di Spagna, che brillarono per ben maggiore spessore culturale per l'eroico attaccamento alla tradizione religiosa, per le grandi personalità che le vivificarono e per l'influenza che riuscirono ad esercitare sulla società araba prima e cristiana poi. Il peso economico delle Giudecche di Sicilia rimase circoscritto all'artigianato, con qualche rara eccezione di mercanti internazionali e di grossi banchieri. Mancò certamente nell'isola una struttura finanziaria ebraica della portata di quella spagnola ma la mancanza di una solida struttura finanziaria non riguarda esclusivamente la minoranza ebraica bensì tutta la Sicilia che, periferia dei regni di Spagna, subì gli effetti negativi e di lunghissima durata, di una stagnazione economica senza speranza, schiacciata, per di più, da una nobiltà parassita e spendacciona che non ebbe mai interesse a migliorare il rendimento di feudi lontani dalle loro lussuose residenze, isolati e dominati sin da allora da quella classe di campieri, precursori della mafia ottocentesca. Il microcosmo giudaico in Sicilia, non ha avuto un Samuele ibn Nagrela, ministro del califfo di Granata Habbus, che segnò l'iniziò di quella che giustamente viene definita l'età d'oro del giudaismo, o un Mosé Maimonide; ma ciò non toglie che il giudaismo isolano merita di essere studiato ed approfondito per l'originalità della sua espressione e per la capillare diffusione che ebbe in tutta l'Isola, influenzando alcuni di quelli che sono divenuti caratteri ben definiti della sicilianità, come l'atteggiamento disincantato e scettico verso qualunque forma di fondamentalismo politico o religioso, o certe forme di attaccamento alla tradizione che possono ritrovarsi solo nella nazione ebraica. Ma i lasciti del giudaismo siciliano non sono solo questi. Tutta la cultura occidentale ha ricevuto positivi apporti dall'ebraismo, che per fortuna oggi, dopo la tempesta antisemita deU'ultimo conflitto mondiale, non vengono più messi in dubbio. È comunque compito arduo separare verità da pregiudizi e luoghi comuni quando si parla di "influenza ebraica" nella cultura siciliana. Uno dei pregiudizi riguarda il tanto decantato clima di estrema tolleranza che avrebbe contrassegnato la lunghissima presenza ebraica in Sicilia sotto le dominazioni che si succedettero nel tempo. Non vi sono più dubbi sul fatto che, sotto gli arabi, quella speciale minoranza etnica, certamente imbastardita con il tempo, divenne giudeo-siculo, fu assoggettata alla tradizione ed alla legge dei dhimmi, del resto corne tutte le minoranze etniche e religiose che vivevano entro i confini dell'impero islamico. Gli ebrei che durante e dopo la dominazione araba parlarono la stessa lingua dei musulmani godettero o subirono, a seconda dei pùnti di vista, della speciale posizione di minoranza protetta dietro pagamento dello speciale testatico che consentiva l'esercizio della propria religione ed una larga autonomia amministrativa all'interno delle varie judeche. Il sistema dei dhimmi, sino a quando lo spirito del monoteismo islamico non si trasformò in fanatismo intollerante, rispondeva alla real politick dei capi arabi che anteposero l'utilità di servirsi delle potenzialità economiche ed intellettuali delle popolazioni conquistate alla spinta religiosa conversionistica dell'Islam. Ben diverso il sistema delle tasse imposte in seguito dai cristiani agli arabi residuali ed agli ebrei per l'esercizio delle loro religioni. Si tratta della Ghezia o Gizìa, autonomamente divisa tra i componenti delle comunità ebraiche isolane, ufficialmente definite Universitates judeorum . Nel mondo cattolico la ratio di tale sistema affondava in un miscuglio d'intolleranza religiosa,pregiudizio antiebraico ed avidità di denaro: elementi che suggerivano al potere religioso e politico l'utilità di trasformare la Universitas judeorum in un vero e proprio esattore delle imposte per conto dello Stato, del signore feudale o del vescovo, dando in tal modo certezza del riscosso per il non riscosso Con queste premesse ci si rende conto di quanto interessante sarebbe conoscere meglio la storia ebraica della Sicilia, specie durante il periodo arabo che risulta il più oscuro per la estrema povertà di fonti. Un sostanziale clima di tolleranza continuerà tuttavia a circondare gli ebrei, anche dopo la reconquista normanna della Sicilia al cristianesimo e ciò caratterizzerà la Sicilia sino agli inizi del XV secolo. Comunque sia, l'ebraismo siciliano inizia a svolgere un ruolo culturale ed economico peculiare degno di nota solo dopo la conquista normanna anche se agli occhi della maggioranza cristiana l'ebraismo appare, e non proprio a torto, una specie di sincretismo arabo-giudaico. Ma si rattava di scarsa conoscenza perché i giudei mantennero la loro originale individualità conservando le forme essenziali della loro identità religiosa anche se i contatti con i centri della spiritualità e della tradizione giudaica, con la Gerusalemme dei Gahonim, furono a lungo sporadici mentre normali e frequenti furono le relazioni con la vicina costa Tunisia. Nell'ebraismo delle coste del Magreb, ed in particolare della Tunisia, vanno dunque ricercate le radici più vitali dell'ebraismo siciliano dando ragione dell'intricata ragnatela genetica che ha prodotto il moderno siciliano e la varietà e contraddittorietà dei caratteri fisici e psicologici impresse nelle generazioni successive di siciliani.